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L'Ultima frontiera, il campionato sovietico del 1991

Pubblicato da Bibliomax in URSS · 23/7/2022 11:50:15
Tags: Campionatosovietico

L’ultima frontiera "Последний рубеж"

Dopo cinquantacinque anni, il 28 novembre 1991 cadde l’ultima frontiera del calcio europeo. In quell’occasione si scrisse un’importante pagina della storia del calcio e della politica del vecchio continente. Mentre l’impero comunista si stava sgretolando, fu giocata l’ultima giornata della "Vysšaja Liga", che vide la luce nel lontano 1931. Il campionato sovietico è stato molto di più di una competizione pedatoria, per molti anni fu il terreno di confronto tra nazioni ed etnie che, volevano affermare la loro identità nei confronti di uno stato accentratore ed assolutista. Ogni partita era valido suggerimento al celeberrimo romanzo di Ŝolochov "Il Placido Don", a memoria dell’eterna battaglia tra Rossi e Bianchi, come dimostrazione di fierezza e orgoglio di genti desiderose di autodeterminazione agli occhi della fredda nomenclatura statale.  Vi prendevano parte squadre rappresentanti le varie repubbliche e regioni dell'Unione Sovietica. Nell’ultimo atto i protagonisti rappresentavano una variegata  moltitudine di popoli; cinque squadre russe tutte della capitale, cinque ucraine, una crimea, una osseta, una bielorussa, una uzbeka, una armena e una tagika. Fu una vera manifestazione internazionale giocata entro i confini dell’immensa federazione dei Soviet che, di li a poco cesserà di esistere. Nel frattempo, già la nazionale aveva accantonato la  tanto famosa e malinconica dicitura cirillica C.C.C.P. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) per lo spento acronimo di C.S.I (Comunità degli Stati Indipendenti), come segnale di un movimento che stava per crollare anacronistico quanto inopportuno. Tuttavia,  la Vysšaja rimase un campionato unico, originale, transiberiano quasi romantico, dove per recarsi in trasferta si tolleravano viaggi di oltre diecimila kilometri, Mosca-Vladivostok.  Nell’ultima edizione del 1991, mancavano dalla competizione due grandi squadre del palcoscenico sovietico, i georgiani della Dinamo Tblisi. Questi, già in aria di secessione si rifiutarono di partecipare alla Vysšaja Liga preferendo il proprio neonato campionato nazionale. Oltre a loro anche lo Zenith Leningrado, caduto momentaneamente in disgrazia e ricostituito dopo la disgregazione dell’URSS come Zenit San Pietroburgo.
Fino al 1961 la Vysšaja Liga fu un discorso esclusivo per le squadre di Mosca che vinsero ben trentuno edizioni sulle cinquantacinque disputate. Dodici volte vinse lo Spartak Mosca, undici la Dinamo, sette il CSKA e tre volte la Torpedo. La prima squadra non russa ad aggiudicarsi il campionato fu l’ucraina Dinamo Kiev che, si confermò per altre tredici volte. Si laurearono Sovetskiy Chempion  per ben d ue volte anche gli altri ucraini del Dnepr Dnipropetrovsk ed i georgiani della Dinamo Tbilisi, unica squadra sovietica a vincere una competizione europea, ovvero la Coppa delle Coppe nel 1981. Scrissero il loro nome per una sola volta nell’albo d’oro sovietico, gli armeni dell’Ararat Erevan, i tatari dello Zorja Lugans’k e gli zaristi dello Zenith Leningrado. Nell’ultima edizione vi parteciparono sedici squadre, di cui cinque di Mosca, sempre in accesa competizione tra loro, non solo per motivi calcistici ma anche per seri risentimenti politici e sociali. Di particolare rilievo è stato, durante il periodo della dittatura, il derby tra lo Spartak Mosca, del sindacato operaio, e la Dinamo Mosca, della polizia di Stato.  Hanno dato e danno tutt’ora vita a derby meno entusiasmanti, il CSKA squadra dell’esercito dell’Armata Rossa, la Lokomotiv Mosca compagine dei ferrovieri e la Torpedo, squadra aziendale della fabbrica di automobili
Avtomobilnoe Moskovskoe Obščestvo, e successivamente del Ministero dei Trasporti. Più sentita era la rivalità con le squadre della vicina Ucraina in particolar modo quella contro la Dinamo Kiev, squadra di attinenza alla polizia sovietica della capitale sarmatica. A seguire presero parte alla competizione: il Dnepr di Dnipropetrosk per le fonderie municipali, il Metalist Charkiv a rappresentanza dei lavoratori delle strade ferrate, il Metalurh Zaporizzje equipe delle acciaierie statali meglio conosciuti come i Cosacchi del Dnepr e per ultimo lo Shakhtar la squadra dei minatori di Donetz. Dalla Crimea parteciparono i delegati della marina militare alla guida del Chernomorets di Odessa, così pure dall’Armenia, l’Ararat Yerevan compagine a cui fa riferimento il famoso monte dove si narra sia nascosta la mitologica arca di Noè.  Vi prese parte anche un’altra Dinamo, quella di Minsk, Bielorussa, omonima sorella delle due più famose Dinamo di Mosca e Kiev anche lei controllata ufficialmente dalla polizia dello Stato. Più a sud, nel Caucaso, a rappresentare l’Ossezia Settentrionale, vi era, al tempo, lo Spartak, ora Alanija, definita la squadra dei Bolscevichi, della città di Vladikavkaz sulle sponde del fiume Terek, che in più occasioni ispirò lo scrittore Lev Tolstoj. Più stravaganti sono le partecipazioni degli uzbeki del Paxtakor di Tashkent e dello SKA Pamir. I primi sono meglio conosciuti per la tragedia aerea del 1979 in cui morirono tutti i giocatori, anziché per le prestazioni nel campionato sovietico. I secondi, i tagiki di Dushanbe, squadra della capitale del Tagjikistan, prende nome dalla imponente catena montuosa del Pamir. Gli  Uforobot, con questo tema, vogliono schiudere la matrjoschka dei ricordi e rivivere questo ultimo campionato sovietico  incrociando le dita sul panno verde a ricordo dell’amico Gavrilov.  A memoria di queste imprese, oggi non saranno i cavalieri di Strogoff a percorre la tundra siberiana, o i tatari di Tolstoj ad assediare i cosacchi del Don, bensì ventidue miniature Subbuteo si rincorreranno su un tavolo smeraldino, dipinte nei colori dell’epoca, per far rivivere uno dei più romantici campionati di quell’Europa che oggi non c’è più e rimane viva solo nella nostra pallonara fantasia.




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